mercoledì 10 febbraio 2010

Pirateria e verità nel Puntland


A proposito dei recenti attacchi nel Corno d’Africa

Pirateria presunta e verità sullo stato del Puntland


Autoproclamatosi dopo il collasso del governo della Somalia nel 1991, tale stato federale non è
Responsabile dei sequestri dei mercantili – Rifiuti tossici dall’Europa - Le ragioni di quei popoli e l’arroganza delle potenze -


Le cronache degli ultimi mesi, danno notizia dell’intensificarsi degli attacchi di cosiddetti ‘pirati’ i quali, dalla costa nord orientale della Somalia, intraprendono massicci abbordaggi di navi mercantili transitanti nel golfo di Aden. Pare che il traffico di merci e materiali che da quel luogo importantissimo transiti, sia circa il venti per cento di quello mondiale, per cui l’Unione Europea, come altre entità comunitarie, ha allestito sin dal dicembre un gruppo di navi militari àtte a proteggere i traffici marittimi in quelle zone. Occorre fare chiarezza, oltre ogni disinformazione, sovente interessata, proveniente da fonti europee, allo scopo di restituire dignità alle popolazioni somale del corno d’Africa. Se infatti è noto che il collasso del governo nazionale del grande paese africano, dopo la dittatura di Siad Barre, rimonta al 1991, ed i successivi tentativi (anche degli USA, con spargimenti di sangue) delle Nazioni Unite non hanno portato, se non di recente, alla formazione a Mogadiscio di un governo di transizione approvato anche dall’OUA, nel nord dell’ex colonia italiana (amministrata fiduciariamente tra il 1950 ed il 1960 dall’AFIS, per conto dell’ONU, dopo nove anni di occupazione inglese conseguente alla nostra sconfitta nella seconda guerra mondiale) sin dagli anni Novanta, si sono autoproclamati due stati autonomi, dalle storie diverse, proprio tra il golfo di Aden e l’oceano indiano. Il Somaliland ricalca l’omonima colonia inglese, ed ha speranze di veder riconosciuto il proprio status dalle Nazioni Unite. Il corno d’Africa vede altresì il 5 maggio 1998 a Garowe la nascita dello stato autonomo federale del Puntland ( ‘paese di Punt’ o dell’incenso, secondo la leggenda biblica), da parte di sette regioni, come si nota dalla cartina che qui si pubblica, autoproclamate e riunite in unica amministrazione.
Il governo autonomo federale del Puntland ha capitale Garowe, con città popolate come Bosso, dall’importante porto (la vecchia Bender Cassìm), ed Eyl. Tra le sue ricchezze, in una regione montuosa, la pesca ed il sale. La superficie supera i 212 mila km. quadrati, e di oltre due milioni e quattrocentomila abitanti è la popolazione; ha avuto tre presidenti, il cui ultimo, Abdelrahman Mohamed Mohamud detto anche Farole, è stato eletto l’otto di gennaio di quest’anno (dopo tre scrutini, in forma molto democratica); il suo Parlamento è composto di 66 membri da tutte le regioni, ed il potere è legislativo esecutivo e giudiziario. Se lo Stato sovrano del Puntland, al cui interno la popolazione, oltre l’arabo –religione prevalente la mussulmana- parla anche l’inglese e l’italiano, non ha ancora il riconoscimento internazionale che gli spetta, e dovrebbe a nostro avviso avere, la sua Costituzione transitoria all’articolo 1 prevede la federazione con il governo nazionale di Somalia, laddove quest’ultimo riesca a controllare e governare il territorio di sua pertinenza. Essendo così la situazione politica, perché da parte dei nostri giornali e TV ci viene sovente il messaggio dei ‘pirati’ somali, che attaccano le navi degli stati d’Europa?
Una risposta la fornisce il rais di Libia Mohàmmar el Gheddafi, anche presidente dell’Organizzazione dell’Unità Africana, il quale afferma gli attacchi essere la "risposta all’avidità dei paesi occidentali che sfruttano le risorse della Somalia", precisando che gli ex pescatori che attraverso arditi barchini si impossessano a volte del carico dei mercantili in transito, "difendono il cibo dei loro bambini": queste navi infatti sovente trasportano, come l’americana "Maersk Alabama" il cui capitano è stato liberato con un ‘blitz’ delle forze navali USA, grano ed olio, alimenti indispensabili per il popolo del corno d’Africa che non riceve aiuti internazionali. Comunque le iniziative dei gruppi singoli non fanno parte della strategìa del governo legittimo del Puntland, il quale anzi respinge ogni forma di pirateria, ed intende reprimerla oltreché controllare personalmente le proprie coste, stroncando altresì (come è accaduto nelle scorse settimane, con il fermo di due pescherecci egiziani e di una nave mercantile italiana) sia il pescaggio illegale, sia gli accertati (dalle inchieste di Famiglia Cristiana, ultimamente dell’Indipendent, per non dire di quelle della collega di Rai 3 Ilaria Alpi, che ivi e per questi motivi fu assassinata) sversamenti di scorie tossiche, nei mari pescosi e densi di ricchezze del nord est della Somalia. La presenza di rifiuti tossici è il vero motivo per cui le autorità del Puntland, nel caso specifico, intendono veder chiaro sulla presenza della nave mercantile italiana Buccaneer, all’ancora nel golfo di Aden: medesimamente il silenzio stampa del nostro Ministero degli Esteri è tristemente eloquente, sulle responsabilità europee al riguardo.
L’opinione pubblica italiana, che di quella che fu la "porta oceanica" del nostro Regno, la cui struttura cartografica amministrativa sociale fu in gran parte da noi creata, essendo stata l’intiera Somalia dal governo Italiano eretta a Colonia sin dal 1905, sanzionando così la precedente gestione privata dei venti anni precedenti, in linea colla politica coloniale del tempo, specialmente britannica, negli ultimi anni poco conosce, deve essere ora bene informata, sulla attuale situazione di quelle terre antiche e gloriose, patria di gente fiera ed orgogliosa la quale ha accettato la modernità ma coniugata colla tradizione, e che non intende farsi sfruttare da alcuno, nel cammino fatale verso il proprio sviluppo e la propria libertà, in armonia con il corso del volere divino. L’antico sultanato di Migiugurtinia, dalle cui radici il Puntland prende il nesso storico, ha tutte le capacità per progredire nel XXI secolo, senza nessuna crosta soffocante di ipocrita neocolonialismo delle potenze anglo-americane e la complice sudditanza dei governi dell’Unione Europea. E’ fondamentale pertanto far conoscere il punto di vista del popolo somalo, che ha nel governo dello Stato del Puntland un autorevole interprete.
Per quel che concerne poi il concetto di pirateria, mentre i giornalisti poco informati passano il paragone, oltretutto errato, colla isola di Tortuga, rimandando così all’idea romantica dei Drake e dei Morgan, attraverso i quali comunque si impose e prosperò l’Impero coloniale di Sua Maestà Britannica, meglio sarebbe –in specie per la stampa italiana- ricordare le parole di Tucidide, il quale (nella "Guerra del Peloponneso", cinquecento anni a.C.) precisa: "In antico i greci ed i barbari abitanti le regioni costiere del continente e quelli che erano nelle isole, quando cominciarono ad intensificarsi i traffici per mare, si volsero alla pirateria; li guidavano uomini molto decisi, tutti intenti a procurare guadagni per sé e cibo per la folla imbelle… né un tal genere di attività aveva alcunché di vergognoso a quei tempi, anzi arrecava piuttosto una certa gloria… alcune popolazioni del continente, ancor oggi si ascrivono a vanto di esercitare la pirateria…". La stampa nostrana dovrebbe ricordare che, dopo Minosse di Creta, un grande capo navale che dalla pirateria creò ex novo uno stato, fu (ne narra le gesta Erodono) Policrate tiranno di Samo; e per l’Italia, il generale Gneo Pompeo che fu detto il Magno (il figlio Sesto organizzò in Sicilia grandi basi navali piratesche contro Ottaviano, nella guerra civile), ottenuti pieni poteri per tre anni nel 67 a.C., in soli tre mesi sbaragliava l’intiera marineria piratesca dei Cilici, catturando oltre ventimila prigionieri: ma (precisa Plutarco nella sua Vita), "quanto alle persone dei pirati, non pensò nemmeno di farli morire… rifletté invece come non sia l’uomo a nascere o diventare per natura propria un essere selvaggio ed insocievole: egli traligna quando, allontanandosi dalla sua natura, pratica il vizio". Dovremmo rammentare bene codeste affermazioni di saggezza di un grande uomo di stato dell’antica Roma (non casualmente, trucidato dagli scherani di Cesare), riflettendo sui "vizi" che proprio la cattiva gestione, per non dir altro, dei rapporti internazionali, anche dei passati governi italiani che indegnamente trescarono con quello somalo poi deposto, han fatto piombare la Somalia nel caos entro cui da quasi venti anni si dibatte (a dicembre il rappresentante dell’ONU per la Somalia Ahmedou O. Abdallah ha detto che "la comunità internazionale l’ha abbandonata al suo destino, la pirateria è una delle conseguenze"), superato in alcune regioni colla creazione di Stati autonomi, il Somaliland ed il Puntland, ove se vi è calma tra le genti, essi debbono essere apprezzati per il loro operato e non indicati quali corresponsabili di atti che comunque hanno scaturigini lontane e riconducibili all’arroganza delle potenze economiche mondiali. Più che di pirateria, nel corno d’Africa governato dallo Stato del Puntland si deve scrivere di progresso e di civiltà, considerate le gloriose ed antiche origini di quei popoli, i quali (come fu, ed è ancora in Sicilia, per alcuni aspetti) con un gesto, una stretta di mano, un simbolo arcano possono siglare accordi, concludere trattative e gestire situazioni, conservando l’Etica autentica, la nobiltà d’animo e di carattere che altri, e per loro colpa, hanno voluto dimenticare. Sul Puntland e la presunta pirateria si scriva quindi con onestà e giustizia.
 
Barone di Sealand, ovvero Francesco Giordano

(pubblicato su Sicilia Sera n°318 del 5 giugno 2009)
 

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