giovedì 13 novembre 2014

L'orgoglio di Israele contro il fanatismo dei terroristi, la pacifica convivenza in Sicilia e gli imprescindibili diritti del popolo ebraico






                 L'orgoglio di Israele contro il fanatismo dei terroristi, la pacifica convivenza in Sicilia e gli imprescindibili diritti del popolo ebraico

Gli ultimi avvenimenti accaduti nello stato di Israele dovrebbero aprire gli occhi, agli occidentali avveduti, perché non si facciano ingannare dalle retoriche dello scempio e dell'omicidio che sovente vengono ammannite con scaltrezza e finezza a popoli sempre più dimentichi e ignoranti. Inoltre le scelte dei parlamenti svedese e inglese -quest'ultima particolarmente grave- di chiedere ai loro governi il riconoscimento della entità palestinese come Nazione, sono da criticare sommamente poichè lesive della libertà politica del popolo ebraico nella terra dcei Padri: la Palestina secondo l'ONU è già riconosciuta come Stato, seppure in via parziale, e la striscia di Gaza ne è espressione, mantenuta e foraggiata dai contribuenti delle nazioni europee, che però non controllano come i loro denari vengano utilizzati per le attività terroristiche del gruppo Hamas. Anche il Presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen non può negare che la mole di aiuti economici che l'Unione Europea fornisce ai palestinesi, venga usata illecitamente.
Il nuovo commissario agli Esteri della UE, l'italiana Mogherini, si è azzardata ad auspicare il riconoscimento della Palestina come stato: bisogna ringraziare a questo punto che sia stata sostituita al dicastero governativo nazionale, poichè è con queste dichiarazioni quantomeno sconsiderate, che si alimenta l'odio e la rabbia dei terroristi stragisti contro la popolazione dello stato ebraico e la presenza degli ebrei nel mondo. Siamo inorriditi da certe parole le quali anche in via indiretta non tengono il debito conto che, in piena invasione silente di terrorismo islamico che sta pervadendo l'Europa frammista ai disperati i quali da molte nazioni affricane sbarcano nel continente in cerca di fortuna, la psicologia della dissoluzione del fanatico si alimenta proprio di tali illusioni. Non sono molti giorni che i Servizi Segreti inglesi hanno scoperto un progettato vile attentato alla persona di Sua Maestà la Regina Elisabetta, mentre quelli francesi hanno evitato danni catturando diversi esponenti estremisti del cosiddetto "califfato" i quali dimoravano in Parigi.
Persino il Presidente della Repubblica Italiana, di solito ponderato nei termini, non ha esitato nell'ultima riunione del comitato per l'ordine e la sicurezza nazionale, a stigmatizzare il pericolo che anche in Italia sussiste di attentati estremistici di fanatici islamici. E in questo clima incandescente si ha la spudoratezza di chiedere il riconoscimento di una entità statuale per la Palestina (che nei fatti già esiste, Gaza ne è espressione), persino l'idea di restituire la Cisgiordania al controllo palestinese... bene ha risposto, anche se in maniera indotta, il governo di Tel Aviv precisando che gli insediamenti delle colonie ebraiche in Cisgiordania continueranno, come pure a Gerusalemme, nella parte est rivendicata dai palestinesi. Bisogna essere chiari in questi frangenti, in cui un pluriergastolano come il noto terrorista palestinese Barghouti diffonde un terribile appello per una "terza intifada", aggiungendo che è lecito investire con l'auto tutti gli ebrei che capitano, donne vecchi e soprattutto bambini. Che popolo è o rappresenta, quello che invoca la morte per violenza dei bambini? Si chieda il pietoso Occidente, specie i cristiani battezzati nella fede di Gesù l'ebreo che insegnava in Sinagoga, che popolo è quello di cui si rivendicano i diritti, il quale popolo si riconosce -speriamo non tutti- in un omicida come costui che dal carcere "benedice" gli assassini i quali negli ultimi tempi utilizzano codeste tecniche vili, per uccidere coloro con cui dovrebbero pacificamente convivere?
Israele sin dalla nascita, forgiato dalle idee sociali di Herzl e di Nordau, ha dimostrato di essere uno stato civile e democratico ma ha fin dal primo giorno dovuto lottare per la sua esistenza, sommerso dalla marea dell'odio arabo senza senso e senza fine. E come una nazione che si risveglia dal lunghissimo sonno della soggezione, ha creato il suo destino e forgiandolo con le armi, ha vinto. Ben quattro guerre hanno dimostrato che la statualità israeliana è infrangibile, e ancora oggi ci si arrischia a chiedere ciò che non si può neppure pensare, il ritorno ai confini pre 1967: un vero scandalo, dato per certo che alla stirpe di Abramo fu dal Dio unico concesso un immenso territorio: "Tramontato il sole.. in quel giorno il Signore strinse un patto con Abram dicendo: io do alla tua discendenza questa terra dal fiume d'Egitto fino al gran fiume, il fiume Eufrate...darò a te e alla tua discendenza dopo di te la terra delle tue peregrinazioni, tutta la terra di Canaan in possesso perpetuo, e io sarò il loro Dio". (Gen. 15-18 e 17-8, dalla Bibbia concordata).
Questa è la promessa, e il Dio del fuoco e della Luce non smentirà mai il Patto, per quanto ne dicano gli inetti e gli illusi. La questione delle ultime settimane, tecnicamente gli scontri a causa del divieto di pregare nel Monte del Tempio o spianata delle Moschee, è solo la miccia ultima di un irresolubile divario che si colmerà allorchè, ha scritto ottimamente una delle donne più illustri del XX secolo, il Primo Ministro israeliano Golda Meir, "gli arabi ameranno i loro bambini più di quanto non odino noi". E' infatti nelle nuove generazioni che deve essere inscritto il suggello della convivenza pacifica, della coesistenza di quei due popoli: ma nessun musulmano può o deve mettere in dubbio il legittimo dirittro di Eretz Israel alla propria Patria che è prima spirituale, mistica, teologica, dopo politica e territoriale. Come il misticismo mussulmano si esprime nella luce del Sufismo, così quello ebraico nel Cabalismo, entrambi fascinosi e rispettabili. Però il conflitto è divisione e non rientra nei canoni della Luce: le buone intenzioni dell'ex Presidente Peres accanto a Papa Francesco nel non lontano incontro romano con Abu Mazen, non possono essere uno schermo per consentire agli assassini di continuare a coltivare l'idea dello sterminio della popolazione ebraica.
Se c'è un popolo che può prendersi ad esempio di pacifica convivenza, è quello di Sicilia. Non solo nella nostra terra la comunità ebraica è presente da sempre (Siracusa, Catania, Palermo, ed altre innumerevoli località di recente ex novo indagate) ma ha anche convissuto più o meno pacificamente col cristianesimo, sin dall'evo Normanno ed anche durante il dominio arabo nel X secolo: furono però i conquistatori del nord, i biondi Hauteville, che confermarono le comunità di ogni religione nella loro stabilità di convivenza ed eguaglianza. E se durante il Viceregno di Spagna in Sicilia, mentre i mussulmani angariavano con le loro scorrerie predonesche, moltissimi ebrei si convertirono per comodità e rimasero nelle vecchie giudecche (Catania ne è esempio, con testimonianze coeve sia nei cognomi attuali che nei luoghi toponomastici), persino durante il regime fascista -sino al limitare delle leggi razziali che funsero da negativo e terribile spartiacque- si ebbero benemerenze verso la comunità ebraica della Diaspora come anche le religioni minoritarie. La stessa lotta armata dei siciliani indipendentisti negli anni 1943-46, mentre in Israele si combatteva per l'indipendenza, non ha alcunchè di assimilante con la guerriglia dell'Irgun e nei capi non vi furono come nella truppa, convergenze filosoficamente parallele? Ribadiamo tale concetto da riprendere e studiare, anche se una storiografia post guerra, malata di comunismo e filopalestinese, ha macchiato indelebilmente la lotta per la libertà del nostro popolo, che poi trovò come era giusto, uno sbocco federale  da pari a pari, nello Statuto autonomista del 1946. Come era inevitabile che nella terra dei Padri in quegli anni,  risorgesse il sigillo di Salomone e di Davide.
"Lo stato di Israele è nato Soltanto Così", ripeteva il 15 maggio 1948 alla radio il futuro premier, allora leader dell'Irgun, Menachem Begin, riprendendo il motto della formazione paramilitare sionista fondata dall'ideologo Jabotinsky. E aggiungeva nelle sue memorie: "se si possiede l'incudine, l'amore per il proprio paese, ed il martello, l'ideale di libertà, si otterrà immancabilmente l'acciaio con il quale forgiare le armi della lotta".  Begin da grande uomo di pace e illuminato riescì a siglare con un altro grand'uomo, l'egiziano Anwar el Sadat, gli accordi di Camp David, per cui il rais pagò con la vita: ma l'intenzione e la volontà di appianare il conflitto rimane.  Intenzione che ebbero altri due grandi uomini illuminati del mondo mussulmano di cui gli attuali leaders dei paesi islamici dovrebbero seguire le orme: Re Hussein di Giordania e lo Scià Reza Palhavi.
Ed è una sola la strada: Eretz Israel non disconocerà i diritti della popolazione arabo palestinese, come già accade, ma non si dica di restituire la Cisgiordania o parte di Gerusalemme a entità che non siano quelle ebraiche, è una assurdità il solo pensarlo: anche perchè con la massiccia presenza di coloni nei territori a ovest del Giordano, ciò sarebbe praticamente impossibile. Esiste, ad opera del defunto premier Sharon (che pure soffrì amaramente per questa scelta) la cosiddetta striscia di Gaza, se ne vuole fare come già è di fatto, anche giuridicamente uno Stato? Ben venga, ma riconoscere l'entità palestinese in certi aspetti impensabili, come hanno voluto le predette decisioni dei governi, è illogico e provocante.
Anche perchè le cause dello scorrimento del sangue innocente, in primis dei bambini, sono proprio queste. "Arabi, noi potremo un giorno perdonarvi per aver ucciso i nostri bimbi, ma non vi perdoneremo mai per averci costretto ad uccidere i vostri", ammoniva la "nonna di Israele", Golda Meir.  Trionfi l'Amore davanti alla sete disgustosa della Morte: e tuttavia, laddove non si può che scorgere il braccio armato, la Menorah sia Luce angelica che non tramonta nel cuore di ogni essere che abbia Saggezza, Forza e Bellezza.
                                                                                 Francesco Giordano

(Nelle immagini, le disgustose vignette apparse in questi giorni su giornali e siti palestinesi, che incitano ad investire coloni ebrei; il primo ministro Golda Meir e il generale Moshe Dayan nei giorni della guerra del Kippur, 1973; Golda Meir con i bambini poco dopo la fondazione di Israele, 1948; il primo ministro Menahem Begin)