lunedì 2 agosto 2010

Morte ai preti pedofili: lo dice anche la Chiesa

Autorevole insegnamento della Santa Sede

Morte ai (preti) pedofili: ora lo dice anche la Chiesa


La prestigiosa parola di padre Scicluna in riparazione agli abusi dei sacerdoti, può essere un valido suggerimento ai nostri politici – Anche in antichi tempi si puniva così la pederastìa -


La parte di opinione pubblica ancor pervasa da quelli che un tempo si usava definire sani principi, rimane affatto orripilata nel leggere –e gli operatori della informazione hanno in tal senso una gravissima responsabilità- gesta turpi di abominio nei confronti di minori, casi spaventosi di pedofilia i quali vengono sovente amplificati ed a volte descritti ne’ loro macabri particolari, quasi soddisfacendo a sorta di sporche voglie di conoscenza, di taluni. Chi poi ha il dono de’ figlioli, e cerca di educarli secondo l’Etica in senso assoluto, avverte un tale sdegno, se ha ancor sangue nelle vene, da chiedere all’Altissimo di contenersi: tale crediamo sia reazione prettamente umana. Da parte nostra, ed anche da queste colonne, più volte elevammo la nostra voce a perenne e perpetua condanna di tali assassini: per i quali uno stato che si dica civile, non può che comminare l’estinzione di quella che non è più vita, ma offesa al genere sociale: ossia, metterli a morte.
Per fortuna, comunità statali sostenute dai popoli delle nazioni soggette (dagli Stati Uniti al Giappone, dall’Arabia Saudita, tanto criticata per altri versi, alla Cina: quindi i popoli più numerosi della terra) mantengono nel loro ordinamento giudiziario la pena di morte, per delitti tanto gravi e pericolosi per la società. Triste primato all’inverso, quello dell’Italia, che più volte anche in consessi internazionali, invece di difendere la vita dei piccoli sin dal concepimento, si fece indegna portavoce della abolizione della pena capitale, sancendo così punizioni affatto inadatte a tali generi di crimini. Uno stato etico non può e non deve che comminare l’estinzione fisica di codesti esseri, che da se medesimi si autoescludono dal genere umano. Questo nostro pensiero, sappiamo essere minoritario nella opinione pubblica italiana: epperò, anche in seguito ai casi vergognosi di recente scoperti, se il più alto consesso religioso, ossia la Chiesa Cattolica ed Apostolica Romana, si esprime ufficialmente, seppure riguardo ai preti accusati e confessi di pedofilia, a favore della loro morte, la caratura della questione muta, a parer nostro, di molto. Sarebbe infatti un bene che i colleghi giornalisti, adusi a cincischiare e trastullarsi con amenità, facessero rimbalzare continuamente le parole del promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, padre Charles Scicluna, il quale il 29 maggio ha guidato in San Pietro una preghiera di riparazione per i delitti commessi dai sacerdoti pedofili.
In questo autorevole consesso, ha egli affermato la parola di Dio, per coloro che vi credono, nel noto passo evangelico (più volte da noi rammentato, e finalmente eretto a vessillo in modo perfetto, dalla Santa Sede) secondo cui "Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, e' meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare". Il Padre Scicluna ha quindi precisato quale deve essere il comportamento verso i sacerdoti pedofili, rifacendosi a San Gregorio Magno: "chi dopo essersi portato ad una professione di santità distrugge altri tramite la parola, con l'esempio, sarebbe davvero meglio per lui che i suoi malfatti gli fossero causa di morte essendo secolare piuttosto che il suo sacro ufficio lo imponesse come esempio per altri nelle sue colpe, perchè tendenzialmente se fosse caduto da solo il suo tormento nell'inferno sarebbe di qualità più sopportabile". Secondo il promotore di giustizia nominato dal Papa, "la Chiesa ha sempre avuto cura per bambini e deboli" e considera il bambino "icona del discepolo che vuole essere grande: accogliere il Regno di Dio come un bambino significa accoglierlo con cuore puro, con docilità, abbandono, fiducia, entusiasmo, speranza". Ma "questa icona così santa è calpestata, infranta, infangata, abusata, distrutta". Per questo "esce dal cuore di Gesù un grido di eco profonda, 'lasciate che i bambini vengano a me: non glielo impedite, non siate d'inciampo nel loro cammino verso di me, non ostacolate il loro progresso spirituale, non lasciate che siano sedotti dal maligno, non fate dei bambini l'oggetto della vostra impura cupidigia… Accogliere il Regno di Dio come un bambino significa accoglierlo con cuore puro, con docilità, abbandono, fiducia, entusiasmo, speranza. Il bambino ci ricorda tutto questo. Tutto questo rende il bambino prezioso agli occhi di Dio e agli occhi del vero discepolo di Gesù. Quanto invece diventa arida la terra e triste il mondo quando questa immagine così bella e' calpestata… Quanti peccati nella Chiesa per l'arroganza, per l'insaziabile ambizione, per il sopruso e l'ingiustizia di chi si approfitta del ministero per fare carriera, per mettersi in mostra, per futili e miseri motivi di vanagloria". Inoltre colui che si può arguire essere la longa manus di Benedetto XVI in casi così gravi, ha ricordato altro determinante passo della Sacra Scrittura, secondo cui è meglio espungere il membro corporale che infetta il tutto, che mantenerlo intatto: ovvero isolare i colpevoli. "Diversi Santi Padri interpretano la mano, il piede, l'occhio come l'amico caro al nostro cuore, con cui condividiamo la nostra vita, a cui siamo legati con legami di affetto, concordia, fraternità. C'e' un limite a questo legame… Se il mio amico, il mio compagno, la persona a me cara è per me occasione di peccato, è per me un inciampo nel mio peregrinare io non ho altra scelta secondo il criterio del Signore se non di tagliare questo legame. Chi negherebbe lo strazio di una tale scelta? Non è forse questa una crudele amputazione? Eppure il Signore è chiaro: è meglio per te entrare da solo nel Regno, senza una mano, senza un piede, senza un occhio, che con il mio amico andare nella Geena, nel fuoco inestinguibile. Questa immagine così forte delle membra, del corpo, ci mette senza troppa confusione di fronte allo specchio della nostra coscienza".
La Chiesa Cattolica guidata con sapienza da Papa Benedetto, sta davvero vivendo una nuova primavera d’amore e di fede, laddove da codeste parole dure ma estremamente necessarie, si può trarre un insegnamento al popolo: soprattutto i politici del nostro Parlamento, molti apparentemente professantisi cristiani, dovrebbero adoprarsi al fine di applicare anche in uno stato laico ma rispettoso della sensibilità religiosa, le indicazioni che provengono da oltre Tevere. Alle quali ci permettiamo di aggiungere il noto passo del Levitico sulla pederastìa, qui trascritto, per maggiore ampiezza incisiva, nella autentica lingua del Magistero, in Latino: "Qui dormierit cum masculo coitu femineo, uterque operatus est nefas: morte moriantur; sit sanguis eorum super eos" (Lev.20,13).
E se qualche bello spirito avesse da obiettare, anche in senso anticlericale, che le pene anti pederastìa sono inapplicabili a’ tempi moderni, o che da parte della Chiesa non è il caso di insistere, si potrebbero ricordare molti casi in cui lo Stato dell’antica Roma, il quale soggiaceva a ben altra religione che la Cattolica, era assolutamente severo nei confronti dei delitti contro la pudicizia. "Ciò mosse Caio Mario, generale, allorché proclamò la legittimità dell’uccisione del tribuno militare Caio Lusio, figlio di sua sorella, da parte del soldato semplice Caio Prozio per aver osato adescarlo a farsi violentare" (Valerio Massimo, Detti memorabili, VI, I 12). La grande tradizione delle antiche civiltà ben più del Cristianesimo, forgiò leggi severissime contro le inversioni sessuali e, proprio perché quelle assalivano parti della popolazione, si premurò di reprimerle con la maggiore durezza. Per fortuna dei tempi antichi, non vi era l’amplificazione scandalosa che di cotali delitti la TV oggidì compie, quasi diffondendo –pur nella forma anodina di servizio offerto, per cui naturalmente si può scegliere quale programma seguire: il medesimo ragionamento si applica alla rete Internet, non demonica in sé , ma cangiante per l’uso che se ne fa- semi di dissoluzione. E’ quindi importantissimo che da parte della Santa Sede, la quale combatte una santa battaglia contro le perversioni del mondo e del suo medesimo corpo (mistico, nella lettura del credente), affiancata a quella, altrettanto sacrosanta, per il recupero della antica liturgia in lingua Latina, mercé il Motu proprio "Summorum Pontificum" che vuole la celebrazione del rito preconciliare al fianco dell’Ordinario nelle lingue nazionali, vi sia stata tale autorevole indicazione magisteriale, di un percorso chiaro e netto contro ogni forma di deviazionismo e di deteriore lassismo. I tempi odierni, senza mai dimenticare il messaggio d’amore che la Tolleranza suggerisce, non consentono del resto ulteriori tentennamenti. Parole dure e chiare, in evo oscuro. Ove senza alcun dubbio, anche tra le tempeste e le procelle quasi misteriose e la sfiducia che avvolge ciascuno nei momenti buj, mai è assente quella mano fraterna, quella Luce dell’Angelo, che presiede al reggimento degli universi. Con le ispirate parole di Gerolamo Savonarola (dalle Meditazioni sul Salmo 50): "L’abisso della misericordia è più grande dell’abisso della miseria, perciò l’abisso colmi l’abisso, l’abisso della misericordia colmi l’abisso della miseria".


Barone di Sealand (Francesco Giordano)


Pubblicato su Sicilia Sera n° 331 del 1 agosto 2010

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