venerdì 10 ottobre 2014

Kissinger dixit in un nuovo libro: serve comunque un Ordine Mondiale, ma attaccare duramente i fanatici islamisti





       Kissinger dixit in un nuovo libro: serve comunque un Ordine Mondiale, ma attaccare duramente i fanatici islamisti

Ha 91 anni, è reduce da una operazione al cuore a luglio, ma appare lucidissimo, tanto da editare in settembre un nuovo libro che, come sempre, è denso di insegnamenti politici: parliamo di Henry Kissinger, il grande statista americano di origine tedesca, già dominus della politica USA fra gli anni 60 e 70 del XX secolo, oggi consigliere (speriamo ascoltato) di molti governi mondiali. Il volume si intitola "Word Order" ed è pubblicato da Penguin press. Mentre attendiamo l'edizione italiana, da interviste concesse leggiamo che in questo libro l'ex Segretario di Stato suggerisce come sua abitudine che, se è sempre tempo di realismo, bisogna abbandonare la politica di esportazione della democrazia a tutti i costi, che ha condotto i nefasti risultati del disordine mondiale a tutti noti; altresì appare indispensabile per gli uomini politici, specie in Europa, comprendere i costumi e le mentalità delle grandi Nazioni, dalla Russia alla Cina, e non forzarne i comportamenti ma comprenderne le modalità. E sempre nell'ottica di un ordinamento utile ispirato alla pace europea di Westfalia del 1648, serve un "nuovo ordine mondiale" in senso concreto e non romantico, fra i popoli in cui gli Stati Uniti rimangano comunque guida e simbolo indiscutibili, della civiltà e dei valori che la stessa madre Europa pare avere obliato. Del resto non dovrebbe essere la Storia ad insegnarci il da farsi quando la stupidità degli uomini dimentica? Da qui l'importante ammonimento del nostro uomo politico ancora attivissimo.
Sul «Wall Street Journal» 29 agosto, Kissinger ha ribadito la necessità di un nuovo equilibrio mondiale, nella fattispecie di un «ordine mondiale di Stati che affermino dignità individuale e governance partecipativa, e che cooperino internazionalmente in conformità con le regole concordate» .  Quindi riconoscere, insieme ai principi universali, «la realtà delle diverse storie, culture e della visione di sicurezza di altre regioni» («the celebration of universal principles needs to be paired with recognition of the reality of other regions’ histories, cultures and views of their security»).
Non possiamo che condividere questa rinnovata analisi del dottor Kissinger, che magistralmente dal bujo delle sale perdute indica la Luce verso il cammino non solo del popolo americano, ma anche di tutto l'Occidente. E se è chiara la mancanza, tra gli uomini politici attuali, di una figura così perfettamente lucida come il vecchio former Secretary of State, a tali linee con umiltà di apprendisti dovrebbero ispirarsi i governi della NATO, i quali anzi tardano ad agire in casi specifici, come la minaccia dei fanatici dell'Is. In una recente intervista, Kissinger ha detto: ""Dobbiamo lanciare un attacco a tutto campo su di loro" a proposito del Califfato, precisando che questo deve essere "di durata limitata come misura punitiva".  Le azioni dei militanti di Is come le decapitazioni sono da classificare come  "un insulto ai nostri valori e alla nostra società, che richiede ritorsioni molto forti".  Non manca al gran combattente la grinta che invece pare assente da parte dei politici nostrani. Non diciamo di quelli italiani, la cui politica estera è del tutto assente, pur con gli sforzi di intelligence che si fanno per monitorare la situazione nel caos della Libia del post dittatura, dove un video pubblicato giorni fa dall'Huffington Post denuncia un corteo di macchine in pubblico a Derna, città importante della Cirenaica, con le cosiddette "bandiere nere" del Califfato. I gruppi molto pericolosi del fanatismo sono a un dipresso dall'Europa, e ringraziamo Iddio che particolarmente in Sicilia è presente, oltre al sistema satellitare MUOS di Niscemi, anche la base USA aeronavale di Sigonella (la quale è ovviamente nella massima allerta in casi del genere), a presidio della Libertà e della Democrazia nostre e di tutto l'Occidente, contro la barbarie dei tagliatori di teste.
Che ancora una volta debba essere Mr.Kissinger a suggerire, come il Maestro fa ai neofiti, la giusta strada per risolvere i problemi, non ci meraviglia. Chi ha avuto il Premio Nobel per la Pace, concluso la guerra in Vietnam, trattato con Mao, svolto un ruolo determinante nella conclusione della guerra del Kippur del 1973 -quando in Israele era primo ministro una donna eccezionale, Golda Meir...- e agito in molte altre controversie con spregiudicata concretezza (in Italia solo il nostro Giulio Andreotti fu alla sua altezza politica... dopo, il declino...), fieramente anticomunista ma deciso nel discernere da che parte sta l'operatività e le chiacchiere, può permettersi di insegnare, perchè è uno statista. Da parte nostra nessun dubbio, avendo in illo tempore letto un suo volume famoso, "A word restored" del 1957, quando insegnava scienza politica ad Harward (da noi pubblicato per Garzanti nel 1973), in cui vi è una frase che dovrebbe essere il memento per tutte le epoche: "a ogni generazione è concesso un solo atto di astrazione; essa può tentare un'unica interpretazione e un unico esperimento, perchè è essa stessa il proprio soggetto".  Quell'atto di astrazione di cui, ultimamente, non si vedono seri risultati. Ma che è realisticamente auspicabile, pena il caos.
                                                                                                           F.Gio

(Nelle immagini: Kissinger in una recente foto, e varie della sua attività politica, con Mao e Chu En Lai, con Golda Meir e il nostro Giulio Andreotti)





giovedì 2 ottobre 2014

La Madonna di rue du Bac a Parigi e la "medaglia miracolosa", un pellegrinaggio originale nella "ville lumiéré"






In una delle capitali del mondo fra le più belle nel senso pieno, quella Parigi di cui Emilio Zola scrisse che "fiammeggia sotto la semenza del sole divino", v'ha un sito recondito che non è secondo a nessun altro luogo per afflusso immenso di pellegrini da ogni angolo della terra: e però, a differenza della torre Eiffel così nota e visitata dalle masse, è seminascosto. Perchè mai? Uno dei tanti misteri dell'umano che si confonde col divino.
Recandoci nella capitale della Repubblica Francese, di quella monarchia divina che osò tagliare le teste dei Re -salvo poi pentirsene amaramente e comporre nella cripta di Saint Denis un monumento funebre a Luigi XVI e Maria Antonietta e agli altri sovrani le cui ossa furono disprezzate dai sanculotti nei giorni nefasti del terrore- non possiamo che ammirare la Senna, Notre Dame celeberrima per il romanzo di Hugo, il museo del Louvre, quello d'Orsay di arte moderna; ma immettendoci nel boulevard Saint Germain, zona universitaria, troviamo una via discreta punteggiata da negozi eleganti, di stile, una via senza pretese, sinuosa ma che racchiude un miracolo: è la rue du Bac. Senza fretta si giunge, ed è un percorso da fare a piedi a mo' di purificazione qualunque sia il luogo ove si alloggia -sebbene la metropolitana parigina, efficientissima, abbia la fermata nei pressi- al numero 140, una facciata anonima. La quale nasconde la sede generalizia delle Suore della Carità di San Vincenzo de' Paoli. E che, dirà lo scettico, tanta strada per vedere la casa delle monachelle dal velo bianco? No, perchè lì accade un fenomeno costante per chi crede ed anche per chi dubita. Nel novembre 1830 in quella chiesa interna ad un lungo cortile (ed è una ampia chiesa, che chiamare cappella sembra quasi riduttivo, ha tre navate e una loggia superiore), avvenne una apparizione alla novizia Caternia Labourè: pare che una Signora vestita di bianco le abbia parlato per ore, e fatto vedere una immagine da cui chiese di coniare una medaglia, la quale dipoi venne appellata "miracolosa", perchè durante l'epidemia del colera del 1832 a Parigi (in seguito dilagò in Francia e tutta Europa: in Sicilia giungeva nel 1837 e fu concausa della rivoluzione indipendentista di quell'anno) salvò parecchie persone che la indossavano "con fede", come disse l'apparizione. "O Marie conçue sains peché, priez pour nous qui avons recours à vous", è la scritta che Suor Caterina riferì le dettò la Signora, che lei subito identificava per la Madonna. Non era ancora stato proclamato, per consenso dei fedeli più che per fondamento teologico, il dogma dell'Immacolata Concezione (lo sarà nel 1854:  Gregorio XVI e Pio IX porteranno la medaglia), ma era l'inizio del ritorno al marianesimo, in quel XIX secolo dilaniato da lotte intestine fra laici e clericali, dalla divisione, dall'odio di classe. L'apparizione diffuse armonia.
E' silenzioso il cortile profondo, ma addirittura surreale l'atmosfera nella chiesetta interna, laddove è sempre presente un nucleo di persone che pregano, e vi si trova visibile in una teca il corpo mummificato (pare incorrotto) della Suora veggente, che fu proclamata beata da Pio XI e santa da Pio XII nel 1947, quel grande Pontefice mariano che al più presto dovrebbe meritare gli onori degli altari come i suoi successori.   La "medaglia miracolosa" in quel luogo è un semplice oggetto, un messaggio, un simbolo , un ritorno dell'anima alla concezione matriarcale ed ancestrale della storia, un "rovescio della storia" o meglio ancora, ha scritto sapientemente Jean Guitton, un luogo "che attira soltanto gli sguardi che si chiudono per vedere", al contrario della Parigi che fa spalancare gli occhi per materiali bellezze? Noi non pretendiamo di saperlo. Però possiamo trasmettere e testimoniare che in quel luogo regna ciò che gli antichi egizi, precursori della religione cristica, chiamavano Maat (identificandola con una dea specifica), cioè il concetto di Verità-Giustizia.  E' una percezione indubitabile; se al più, si professa la religione cattolica, non si può che vedere nella "mamma del Cielo" (così le preghierine dei bambini dei tempi passati e presenti, che non si dimenticano, perchè i bambini sono i prediletti della Divinità, specie della mamma...) la solenne, intima, infrangibile protezione che il misero, il potente, il pusillo, l'orgoglioso e anche l'inflessibile ateo, ripongono nel Principio germinale della vita, che se è suffragato dalla scienza odierna e passata, s'arresta dinanzi ai fenomeni che non hanno spiegazione razionale.
La statua della Madonna sull'altare maggiore, a rue du Bac, è quella classica a tutti nota con le mani abbassate e aperte da cui si dipartono i raggi, cioé le grazie che ella spande sugli uomini indistintamente; ma la figurazione che Caterina Labouré volle sulla sua tomba rappresenta un altro aspetto della "Signora", mentre ha lo sguardo in alto e tiene fra le mani un piccolo globo. Nelle testimonianze coeve, l'una immagine non contraddice l'altra, si completano. Anzi la Madonna col globo è quella missionaria -se qualcuno rammenta gli anni di Pio XII e dello zelo missionario mariano del dopoguerra: "o Madonna pellegrina, vieni in questa terra devastata dalla guerra..."- e ancora più incisiva, perchè esso è il cuore di ogni essere che viene accolto fra le mani della Madre. In veloce carrellata pensavamo che tutte le religioni, dai Sumeri fino a noi, hanno serbato intatto il principio materno e anzi che esso, più che la visione patriarcale poi prevalsa, è l'aspetto più autentico, occulto, "isiaco" se si vuole (l'antica Lutezia fu la città di Iside, Par-Isis), ma quanto più reale, della exoterica immagine del maschio dominante, la cui fragilità si appalesa dinanzi alle contingenze del quotidiano nonché ai grandi dolori. Allora non bastano parole, solo la Grande Madre: e si ritorna a rue du Bac, alla medaglia che è non solo un segno distintivo delle monache vincenziane (note in tutto il mondo per la carità verso gli ultimi), ma anche un percorso. Se è vero che la ragazzina di Lourdes, la casta Bernadette, quando fu testimone delle apparizioni mariane 28 anni dopo Caterina, aveva al collo la "medaglia miracolosa", l'oggetto smette di essere un feticcio e riporta al grande mistero: "monstra te esse matrem".
"Parole non ci appulcro", avrebbe detto un altro grande innamorato di Myriam, l'Alighieri che Foscolo definiva "il ghibellin fuggiasco": ma non fuggiasco da se medesimo, se colse nella luce sterminata della Vergine, il compimento sommo del poema. E per chi sorride scetticamente, cosa affatto comprensibile, potremmo citare i simboli ma la disamina sarebbe lunga: bastino le 12 stelle della medaglia, presenti nella bandiera di quella tanto vituperata Unione Europea da taluni tacciata quale causa d'ogni male economico delle Nazioni affiliate: e tuttavia, sembra che nel disegno originario poi approvato dalla laicissima commisione vi fosse proprio l'ispirazione mariana derivata dalla visione di Caterina Labouré: "ti coronano dodici stelle...", recita un canto popolare mariano. Sono anche i 12 segni dello zodiaco di Denderah e della tradizione astrologica delle società iniziatiche? Nulla è in contraddizione, anzi tutto è Uno, per chi crede.
A noi, per concludere, piace pensare che il trentatreenne Vincenzo Bellini, che a Parigi còlse il fulgore del successo e la mestizia della morte negli ultimi due anni della sua vita nella capitale francese (estate 1833-settembre 1835), mentre in sequenza nel delirio di quel tragico 23 settembre a Pouteaux vedeva la mamma, i parenti e Sant'Agata e Catania, solo, nel velo che gli coprì per sempre lo sguardo, lui così religioso (ma fu anche carbonaro e amico di molti esuli patrioti, dal Pepoli autore del libretto dei Puritani, alla principessa Belgioioso), abbia avuto in mano anche la  già diffusissima a Parigi medaglia "miracolosa" e con quella visione mariana, e molto siciliana, si sia involato verso l'Infinita azzurrità, accolto come ognuno se vuole può, da quella Luce che non ha orizzonti, perché soffusa da scintille di assoluto.
                                                                                     Francesco Giordano

(Pubblicato sul quotidiano online LinkSicilia: http://www.linksicilia.it/2014/10/un-siciliano-a-parigi-alla-scoperta-della-madonna-di-rue-du-bac-e-la-medaglia-miracolosa/)